Non so se tutta la causa di questo cambiamento, sia attribuibile solo alla pandemia, che ci ha colpiti, a livello globale.
O se, semplicemente, il buon Giambattista Vico, con i suoi “corsi e ricorsi storici”, ci ha insegnato che il mondo va avanti e poi, inesorabilmente, torna alle origini.
Ciò che è certo è che, stiamo cambiando, ordini di priorità, abitudini, lavoro e stili di vita.
Da un po’ di tempo a questa parte, sto osservando la gente, sto ascoltando le testimonianze di molti, io stessa mi sto analizzando e scopro che, anche se ancora un pezzo di civiltà di questo nuovo millennio, è rimasta confinata a “status” sociali vetusti e fuori moda, una gran parte ha invece, voltato pagina.
Alcuni indici di economia, e di mercato, sembrano essere inequivocabili: il varco fra ricchi e poveri, si è aperto, creando una crepa, quasi insanabile.
Ma ciò che è successo al ceto medio, è ciò che fa più pensare.
Attività andate in disuso, stanno tornando in auge, tipo l’agricoltura.
Non solo per necessità, ma proprio per il desiderio di recuperare contatto con una natura, violentata e traviata negli ultimi decenni.
Il concetto dell’artificiale, viene sostituito con quello del naturale.
Arti antiche di agricoltura sana e biologica, sostituiscono le vaschette di plastica della grande distribuzione.
Al posto di vecchi negozi e boutique, desuete, compare il concetto dell’usato di ogni tipo, dello scambio di beni di pari valore.
Al posto di auto lussuose, simboleggianti opulenza, tanti optano per la bicicletta, il monopattino, alcuni addirittura per un bel furgone da restaurare.
E dentro vi mettono food track, street food, o anche una casa in miniatura per girare ovunque in libertà e con la minima spesa.
Mi ha veramente colpita la storia, che seguo ogni giorno su Tik Tok, di un uomo e della sua famiglia, moglie e due figli, che ha lasciato il suo posto da manager di una grande azienda, strapagato con auto e benefit a seguito….
Ha comprato un furgone, lo ha arredato, ha preso tutto e ha salutato la sua caotica città, per viaggiare in Italia in lungo e in largo, vivendo di pochissimo.
Con il loro mezzo, raggiungono angoli isolati e poetici, che mai avrebbero avuto, l’idea di visitare tempo addietro.
Parcheggiano e si godono tramonti mozzafiato, e albe indimenticabili.
La loro spesa alimentare è solo frugale, hanno deciso di raccogliere frutta ovunque si rechino, il resto lo inventano al momento.
Unico mezzo di comunicazione, il suo telefono con cui filma e posta di tutto.
La verità è che abbiamo nostalgia della bottega sotto casa, del calzolaio (Provate a contare quelli veri ancora esistenti!) del tutto fare, del bravo ed onesto idraulico.
Io ricordo il mio medico di famiglia, che mi visitava guardando il colore del bianco degli occhi e tastandomi il polso.
Eppure ci beccava sempre.
Ho nostalgia di ciò.
Come del palazzo in cui abitavo, e degli amici di cortile, ore a vivere di aria pura, e non siamo morti, anzi, siamo tutti uomini d donne venuti su benissimo.
Piano piano torneremo li.
Ci sono borghi medievali disabitati, le cui case puoi comprare a pochi soldi, se hai un progetto per ripopolare i luoghi stessi.
La gente torna, non parte più.
Anche perché l’epoca, del vado al nord, a cercare lavoro è bella e che finita.
Al paesello, ti compri il trullo, ci fai un b&b, offri le torte fatte in casa, arriveranno frotte di gente che ha voglia di pace e silenzio.
Questo mondo fa sempre più chiasso inutile, su questioni sterili, che non sanno di niente, e non apportano valore aggiunto
C’è invece bisogno di sapore, di dare e di avere un senso in questa vita, che ora più che mai, si ha paura che finisca prima di avere ben compreso, quanto sia bella.
Ecco perché mi perdo a raccontarvelo.
Con affetto a voi tutti,
Ivana